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Camminare è bello

E’ arrivata la primavera.

La temperatura si è addolcita, le giornate si sono allungate e i nostri istinti animali ci portano a stare all’aperto. Arriva la primavera e cominciamo a pensare all’attività fisica. Quella più facile da praticare è sicuramente camminare.

Al proposito, segnaliamo un interessante libro:

Camminare, un gesto sovversivo, di Erling Kagge, Einaudi Stile Libero

in cui l’autore, formidabile camminatore, invita ciascuno dei suoi lettori a rivalutare la possibilità di muoversi a piedi, sia per grandi che per piccoli spostamenti, cercando di attivare i recettori del nostro corpo degli “enzimi” generati dai piedi che si muovono: il cervello ha più tempo per pensare, la circolazione sanguigna fluidifica, l’umore, stimolato dalla possibile socialità migliora e la struttura muscolare si rafforza. Il tutto, naturalmente, a patto che il camminare non si risolva in una corsa contro il tempo e che si cerchi, per quanto possibile, di non seguire sempre gli stessi identici percorsi.

Questa è anche la filosofia di una grande viaggiatrice, nel libro:

La montagna vivente , di Nan Shepherd, Ponte alle Grazie

in cui l’autrice racconta le sue ripetute visite ad un complesso montagnoso della Scozia nord-orientale (i Cairngorm) visti e vissuti sempre con occhi diversi e da punti di vista diversi.

In Sentieri neri, di Sylvain Tesson, Sellerio, l’autore descrive e narra un modo di camminare sostanzialmente anarchico, in cui l’attenzione non è focalizzata sulla meta finale, che potrebbe anche non essere mai raggiunta, ma sulla possibilità che il viaggiatore devii dal percorso ottimale, per esplorare, approfondire, gustare  ciò che vi è “a lato“, idealmente realizzando un proprio, individuale, percorso…

I tre libri forniscono l’essenza del cammino secondo SlowTravel:

  • ogni camminata o passeggiata è un percorso di esplorazione;
  • ogni volta che torniamo in un luogo, potremmo vederne un aspetto diverso e intrigante;
  • la meta è importante ma arrivare non vuol dire percorrere un’autostrada quanto piuttosto conoscere il territorio che si attraversa.

EnoGastronomia: rinunciare alle valutazioni?

Sebastien Bras (a sinistra) con suo padre Michel Bras. (JOSE TORRES/AFP/Getty Images)

La qualità dell’alimentazione, al pari di quella dell’alloggio e dei mezzi di trasporto utilizzati, è uno dei fattori determinanti il successo di un viaggio, specie se è uno SlowTravel. Non solo perché i problemi digestivi sono molto complessi da gestire fuori della nostra abitazione, ma piuttosto perché assaporare piatti saporiti accompagnandoli con la giusta bevanda può amplificare la sensazione di gradevolezza e piacere.

Per questo motivo sono state inventate dapprima le guide gastronomiche cartacee (Zagat, Michelin, Gambero Rosso, ecc…) e in seguito siti di recensione gastronomica (uno per tutti: tripadvisor). Pur nella riservatezza delle modalità di acquisizione delle recensioni e delle valutazioni, entrambi gli strumenti sono validi ausili quando ci si trova in viaggio e non si può contare sui consigli (a volte interessati) di un “indigeno”.

Questa introduzione ci è sembrata necessaria perché, negli scorsi giorni, ha fatto clamore questa notizia:

Lo chef francese Sébastien Bras, del ristorante “Le Suquet” di Laguiole, nel sud della Francia, ha chiesto che gli vengano tolte le tre stelle che ha sulla guida Michelin, la più famosa e rispettata guida gastronomica d’Europa, e di non essere incluso in quella che uscirà il prossimo anno. In un video pubblicato su Facebook, Bras ha detto che avere le tre stelle gli causa troppa pressione: vuole cucinare dei buoni piatti senza l’ansia di dover servire un giudice della guida in incognito, e senza le aspettative generate dalle tre stelle.

Siamo profondamente delusi da questa scelta per due motivi:

  • il primo, fondamentale, ci porta a sperare che un ristoratore, dalla più angusta bettola di un angiporto del Nord Europa al ristorante con visuale a 180 gradi sulla costiera amalfitana, dovrebbe sempre tendere a dare il meglio della propria tecnica, indipendentemente dal fatto che il commensale sia un ispettore della guida Michelin oppure un emigrante in cerca di futuro migliore;
  • il secondo, forse più nascosto e magari difficile da esplicitare, potrebbe derivare dall’eccessiva frequenza di ispettori della guida, quasi come se tali ispezioni si svolgano quasi quotidianamente e (a pensare male a volte ci si azzecca) più a favore del palato dell’ispettore che della Guida che esso dovrebbe rappresentare.

Un’ultima considerazione. Chi gestisce un esercizio pubblico deve essere cosciente che il proprio lavoro è comunque soggetto a valutazione quotidiana, che lo richieda o meno.

Ognuno di noi almeno una volta nella vita ha pronunciato questa frase: “Ieri sera hai poi provato quel ristorante di cui mi parlasti? com’era?” “Mah, mi aspettavo di meglio. Ho dovuto aspettare perché non avevano registrato la prenotazione, due piatti che mi sarebbe piaciuto assaggiare erano sul menù ma non in cucina…” oppure “Meraviglioso. Un servizio eccellente. Una pulizia eccezionale, personale competente. Figurati che uno dei camerieri, neanche il sommelier poi, mi ha consigliato di abbinare un vino diverso da quello che avevo scelto. Guarda, una vera delizia per il palato! E mi ha fatto risparmiare anche venti euro. Guarda, te lo consiglio proprio!“. E non dovrebbe essere lasciata alla discrezione dell’operatore la scelta se essere recensito o meno, purché l’operazione venga effettuata nella trasparenza. Ma su quest’ultima condizione c’è ancora molto da lavorare…